Non le sarebbe servito che uno zaino, un paio di jeans e gli occhiali da sole, quelli grandi e neri che le fasciavano quasi tutto il viso.
Stanca di una vita contornata di sfiancanti pretendenti che attendevano solo un suo «Sì» per poterla imprigionare come una barbie nella sua casetta rosa a due piani, Lucy una mattina di buon ora, prese a camminare con il suo fagotto, senza una meta.
Immediatamente si sentì un po' più leggera e libera: sentiva che c'era un mondo tutto da scoprire.
Arrivata di fronte alla stazione della città , decise di fare il resto del viaggio in treno.
Destinazione: fin dove i soldi l'avessero portata, non era importante.
Lo scomparto della carrozza si riempiva e svuotava ad ogni stazione.
C'era chi andava al lavoro con valigetta e cravatta, trasmettendole solo un senso di soffocamento; c'erano donne strette nel loro bustino con gli occhi spenti, insoddisfatte.
No, Lucy non sarebbe mai diventata come una di loro.
Lucy aveva voglia di vivere, perchè fin a quel momento non le sembrava di aver vissuto affatto.
Il sole calava, quando verso sera, dopo tanti chilometri che neanche Lucy sapeva più dove fosse, la porta a vetri nascosta dalla tenda, si aprì di nuovo.
Entrò un uomo dai jeans sdruciti e un chiodo di pelle nera, non molto alto con barba incolta.
Si tolse le lenti scure, svelando così occhi vispi e vitali, ma segnati dalla vita, nonostante la sua giovane età .
Dapprima si sedette vicino la porta. Lucy era lì, accanto al finestrino che lo osservava dal riflesso del vetro.
Ormai buio, non vedeva altro che il suo viso riflesso.
Non era bello, ma la incuriosiva: così diverso da quei zuccherosi tipi che la facevano sentire solo una bambolina.
In qualche modo avrebbe voluto parlargli. Ma di cosa?
Non le veniva in mente nulla.
«I wanna know what do you do. I wanna know who are you».
Parole senza senso, canticchiate sottovoce, inconsapevoli del loro suono, inconsapevoli della magia che avrebbero scatenato di lì a poco.
Il misterioso tipo si alzò, spegnendo la luce dello scompartimento, per poi sedersi proprio di fronte a lei e le disse:
«Così puoi osservare meglio il panorama notturno. Io adoro la notte», fissandola negli
occhi.
Imbarazzata per esser stata scoperta, per un istante Lucy non fece altro che ammirarlo, scostando i lunghi capelli sugli occhi per poterlo osservare meglio in tutta sicurezza.
Il suo sguardo era magnetico. Chissà quante storie avevano visto i suoi occhi.
Poi prese coraggio:
«Già , dev'essere meraviglioso vivere la notte, io non l'ho mai fatto», gli rispose con la voce un po' tremante.
«Dove vai?», le chiese lo sconosciuto, avvicinandosi sempre di più.
«Non lo so...», ed era la verità .
Lucy improvvisamente si ricordò di non avere più un posto dove poter stare.
Si girò verso di lui che abbozzava un sorriso, mentre i suoi occhi fiammeggiavano alimentati da una passione che Lucy non aveva mai conosciuto.
Il treno iniziò a rallentare, la prossima stazione era vicina.
«Vieni con me», le sussurrò piano, mentre la sua mano le scostò i capelli dal viso, scoprendo gli occhi smarriti di Lucy.
continua SaDiCa
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