In verità, non ho mai scritto questo libro. O meglio, non l'ho mai concepito nella sua interèzza. Ho sempre avuto grande feeling con le short stories, e nel 2018 è uscita la mia prima antologia "Pasta fatta in casa - sfoglie di racconti tirate a mano" (Bookabook). Dopo questo esordio, però, ho deciso di cimentarmi col mondo variegato ed in continuo fermento delle riviste letterarie italiane. In questi ultimi anni l'universo di cui fanno parte queste riviste, così come quello dei collettivi di scrittura, è in costante crescita e il loro ruolo all'interno del panorama editoriale è sempre più autorevole. Non più, e non solo, palestre per gli aspiranti scrittori, bensì realtà tangibili e originali dove fare letteratura e scoprire nuova narrativa.

A inizio 2021, poi, legando insieme alcuni racconti per omogeneità di tematiche, senso d'urgenza e atmosfere, ho lentamente realizzato che potessi aver fra le mani abbastanza materiale per un'altra silloge. Successivamente, con il prezioso aiuto di Laura Montuoro dell'agenzia letteraria Grafein l'idea di questo libro ha preso definitivamente forma e, nei mesi successivi, dopo l'incontro con l'editore Dialoghi, si è trasformata nel libro che avete davanti.

E se "I vestiti che non metti più" è nato lo deve fondamentalmente a questa scena. Ad alcune di queste riviste, quindi, i miei ringraziamenti più sinceri: "biró", "Bomarscé", "CrunchEd", "Dalla Finestra", "Downtobaker", "E(i)sordi", "Grande Kalma", "Il Fuco", "Inchiostro", "Liberi di scrivere", "Malgrado le mosche", "Mirino", "Quaerere", "Risme", "Rivista Blam!", "Rivista Waste", "Spazinclusi", "Streetbook Magazine", "Three Faces", "''tina", "Voce del Verbo" e "The Bookish Explorer".

Una gestazione molto poco convenzionale, insomma, ma altrettanto soddisfacente.

Fra queste pagine ho cercato di consolidare il mio stile minimale, legato a una spettacolarità del quotidiano, che non avanza pretese eccezionali, ma si nutre del racconto delle piccole cose della vita, in cui è l'ironia l'antidoto all'amarezza, o un'altra faccia della stessa medaglia, e per dirla col linguaggio dell'oggi, la scrittura un anticorpo alle storture dell'ordinario.

La mission di queste 23 storie, se così possiam dire, è tentare di mostrare i protagonisti per quello che sono quando nessuno li osserva (o quando credono che nessuno li stia guardando). Il ritratto che ne vien fuori, però, non è sempre benevolo. Anzi, molto spesso i personaggi vengono filtrati da lenti che ne mettono in risalto difetti, nevrosi e goffaggini più o meno evidenti. Ma è proprio così che, inconsapevolmente, restituiscono autenticità al lettore. La loro vulnerabilità è il fulcro attraverso il quale si declinano queste storie. E per i lettori imbattersi nelle loro vicissitudini sarà un po' come guardarsi allo specchio e provare uno strano senso di familiarità. Come quello che proviamo per un vestito che adoravamo e che ora prende polvere in un armadio di casa...

A fare da cornice a tutto questo, i titoli che giocano con le parole, a costruire a volte immagini schiette o crude, a volte un'acuminata ironia per ciò che non va, scorcio di vita vissuta, profonda e mai superficiale.


Luca Murano nasce al nord (Lodi) da genitori del sud (Salerno) e attualmente vive al centro (Firenze). Oltre a curare il suo blog di scrittura, Vai come sai, negli anni ha pubblicato racconti su molte riviste letterarie, fra cui: 'tina, Risme, Malgrado le Mosche, Bomarscé, Spazinclusi, Streetbook Magazine, Blam!, Quaerere, Voce del Verbo, Rivista Waste, Inchiostro, Mirino, Downtobaker, CrunchEd, Grande Kalma, birò, E(i)sordi, il Fuco, L'Ottavo e The Bookish Explorer. Ha all'attivo due pubblicazioni, "Pasta fatta in casa - sfoglie di racconti tirate a mano" (Bookabook, 2018) e "I vestiti che non metti più" (Dialoghi, 2021). Suona il basso nei My Hard Reset.




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