Titolo: John Carpenter – Il regista da un altro mondo
Collana: Narrativa
Numero in Collana: 32
ISBN: 9788894818970
Autore: Edoardo Trevisani
Formato: 1 volume 14,8x21 cm, brossura con alette b/n, pg.232
Prezzo: 14,00 euro
Editore: Edizioni NPE
Data di uscita in libreria di varia e fumetteria: 8 aprile 2021


Probabilmente avete visto alcune pellicole di John Carpenter senza sapere fossero le sue. Il suo cinema, incentrato sul filone horror e fantastico, ha segnato la storia del cinema. Le sue pellicole evidenziano la paura, il lato oscuro dell'essere umano, conflitti e contraddizioni di Hollywood.

Alcuni di questi film sono diventati dei cult che si tramandano di generazione in generazione.

Edoardo Trevisani, autore di John Carpenter - Il regista da un altro mondo, raccoglie in questo saggio edito da Edizioni NPE, il cinema del regista statunitense: ogni capitolo una pellicola. Ogni pellicola una analisi e diversi spunti di approfondimento.

Ne raccontiamo di più in questa intervista a Edoardo Trevisani per A6 Fanzine.


Un saggio per raccontare il cinema di John Carpenter: come nasce l'idea di questo saggio?
Il libro è un omaggio a uno dei miei registi preferiti.

Nasce dalla voglia di raccontare il suo cinema, i mostri e gli eroi che da sempre popolano la mia fantasia, oltre che quella di tanti spettatori.


Il suo cinema, di genere fantastico ed horror, è stato sempre un po' contraddittorio con l'idea hollywoodiana del cinema, eppure ha lasciato una forte impronta sul pubblico.
Sì, Carpenter è un regista che ha sempre avuto come punto di riferimento il cinema classico hollywoodiano, fra i suoi "maestri" ci sono registi come Howard Hawks, eppure, per diversi motivi, è sempre entrato in conflitto con le regole degli studios, spesso perché il suo lavoro era in anticipo sui tempi.

Questo non gli ha impedito di esprimere in maniera coerente la sua visione di cinema, anzi, lavorare con le produzioni indipendenti gli ha permesso di portare le sue idee sullo schermo con maggiore libertà.

Il suo stile inconfondibile è riuscito a conquistare gli spettatori, per non parlare dei personaggi dei suoi film, come Jena, Jack Burton o Michael Myers, ormai vere e proprie leggende.


C'è un filo conduttore che lega le varie pellicole di John Carpenter l'una all'altra? Da cosa possiamo intuire o considerare una pellicola "carpenteriana"?
Ci sono senza dubbio degli elementi tematici che tornano di frequente nei suoi film, ad esempio l'idea del male che assedia l'uomo e mina le sue certezze, che lungo la sua filmografia assume varie forme, dalla maschera di Michael Myers, a Christine, la Plymouth rossa stregata.

Nel corso della sua carriera Carpenter ha maturato una visione politica man mano più disincantata e impietosa: le sue pellicole indugiano spesso sull'identificazione tra Male e Potere, come in Essi vivono o in Fuga da Los Angeles.

Sicuramente uno degli elementi estetici distintivi dei sui film è il formato panavision, che unito alle colonne sonore minimaliste e a una cura formale legata al cinema classico, rendono i suoi film unici nel panorama del cinema fantastico.


Nel saggio si accenna a una breve introduzione sulla vita di John Carpenter, mentre largo spazio è riservato alle sue numerose pellicole. Qual è il film che secondo te andrebbe assolutamente visto?
Direi che non si può prescindere da La Cosa, del resto è il film che lo stesso Carpenter ha deciso di far proiettare a Cannes, quando ha ricevuto il premio alla carriera nel 2019.

Visivamente e tematicamente è probabilmente il suo film più complesso e anche il più attuale, visti i tempi in cui viviamo.

Poi ovviamente ci sono pellicole come Halloween, 1997 Fuga da New York, Il signore del Male o Il seme della follia, che sono fondamentali e che hanno segnato il genere in maniera indelebile.


Molteplici sono i cult che ci ha donato la regia di Carpenter. Il mio preferito è senza dubbio Grosso guaio a Chinatown. Un fantasy che strizza l'occhio all'Oriente, in maniera totalmente americana. Qual è la caratteristica che secondo te lo ha reso un vero e proprio cult?
Probabilmente il motivo che lo ha reso tanto popolare oggi è lo stesso che ne decretò il flop all'epoca della sua uscita, ovvero quel sotterraneo tono eversivo che percorre tutta la pellicola.

Dietro l'atmosfera da fumetto e l'azione spettacolare, si nasconde una satira molto forte nei confronti del cinema americano, dei suoi stereotipi e della sua mitologia.

Basta dare uno sguardo al protagonista, Jack Burton: una parodia dell'eroe fordiano e allo stesso tempo del macho del cinema degli anni Ottanta. In più percepiamo continuamente la presenza opprimente del male.

A differenza di altre commedie horror dell'epoca, in Grosso Guaio a Chinatown c'è lo sguardo sempre radicale di Carpenter, attento, coerente: non si tratta mai solo di un gioco, ma della descrizione realistica di un mondo sull'orlo del disfacimento.


Anche il filone horror di Carpenter è molto nutrito. Qual è secondo te la paura più grande che il regista ha voluto in qualche modo esorcizzare? Oppure ha semplicemente raccontato uno spaccato diverso, legato al lato oscuro delle persone?
Credo che il grande merito di John Carpenter, e di tanti altri registi del New Horror, come Romero o Tobe Hooper, sia stato quello di utilizzare il racconto dell'orrore per mostrare il vero volto dell'America e mettere a nudo tutte le sue contraddizioni.

I traumi dovuti alla sconfitta in Vietnam, l'edonismo reaganiano, il consumismo, la guerra, il senso di inadeguatezza degli adolescenti alle prese con il mondo degli adulti, la crisi economica, il declino della famiglia, tutto questo viene raccontato dall'horror.

La società moderna che descrive il cinema dell'orrore è solcata da molteplici paure. In più Carpenter ha usato il cinema anche come un'arma per mettere a nudo i pericoli del potere capitalista e dell'omologazione.


Del filone horror, qual è invece il film più rappresentativo di Carpenter?
Halloween – La notte delle streghe contiene già tutti gli elementi del cinema carpenteriano, ed è girato con uno stile che ha fatto scuola.

È un film che dà il via al filone dello slasher, ma allo stesso tempo è legato al cinema classico.

Molti lo hanno imitato, senza mai riuscire ad eguagliare l'originale.


Qual è il tuo film preferito di Carpenter? Quale invece vorresti veder realizzato dal regista?
Il film che amo di più è Il seme della follia, una critica lucida e inquietante dell'industria culturale americana e della narrativa di consumo, fatta però dall'interno.

Alla fine del film ci rendiamo conto di essere prigionieri di tutti i cliché dell'horror. E la cosa ci fa paura e ci affascina allo stesso tempo.

Siamo tutti personaggi di un libro di Sutter Cane.

Probabilmente mi piacerebbe vedere un vero western girato da Carpenter, come lui ha sempre desiderato.

Un western classico, come quelli che girava Clint Eastwood. E oggi, che questo genere è fuori moda, sarebbe una bella scommessa.


Ci sono news riguardo a suoi nuovi progetti cinematografici?
Niente di concreto.

John Carpenter non sembra essere realmente interessato a tornare dietro la macchina da presa, almeno per il momento.

In diverse occasioni ha affermato che si tratta di un lavoro troppo faticoso per lui ora, ma credo che in fondo siano cambiate molte cose nel cinema hollywoodiano negli ultimi anni, e non in meglio.

Probabilmente Carpenter non troverebbe un progetto adatto a lui.

Ma chi può dirlo?

Magari tra qualche mese potrebbe smentirci. Per il momento però sembra più interessato alla sua carriera di musicista.
 
 
 
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