Rulli di tamburi e il passo s'affrettava seguendo le cadenze pesanti di echi risuonanti.
Un corteo vivace e colorato attraversava la città.
A capo gli elefanti, che con le loro lunghe proboscidi annusavano pargoli profumati di caramello.
I bimbi spaventati, fuggivano al loro passare, ma appena il pachiderma veniva attratto da un altro cucciolo, venivano fuori da dietro le gonne delle loro madri, ed incuriositi come non mai, spingevano le signore a seguire l'allegra comitiva, fino a raggiungere il circo.
Un tendone immenso troneggiava sullo spoglio piazzale, dipingendo con i suoi bizzarri abitanti la terra acre.  
Potevi vedere la donna cannone ingurgitare enormi piatti succulenti, i più ricchi e gustosi, per allietare la sua morbida carne e le sue pene.
Potevi ammirare il giovane fachiro concentrato sui suoi pungenti chiodi, ma dal viso sereno.
Le scimmiette scorrazzavano dispettosamente da un bimbo all'altro, rubando noccioline agli infanti piangenti e alle divertite mamme.
Ma era all'interno, lo spettacolo più grande.
I clowns con i loro perenni e buffi sorrisi disegnati, roteavano sfere variopinte, facendosele cadere in testa di proposito.
Gli sguardi ben presto si fissarono verso l'alto, alla leggiadra trapezista che si dondolava avanti e indietro, in attesa di volare tra le forti mani del suo compagno.
Il sorriso di un clown, però, non poteva mascherare ciò che i suoi occhi riflettevano: occhi assorti, fissi su di lei.
Volava ignara, inconsapevole del suo amore. Sorrideva beffarda ai suoi occhi lucidi.
Lei che non vedeva altro che la sua immagine riflessa come in uno specchio.
Lui si disperava.
Una volta,  per l' esasperazione, pensò per un istante che avrebbe preferito vederla gravitare verso la porta ricoperta di segatura, anzichè� tra le immeritevoli braccia del lanciatore di coltelli.
"Tu mi fai solo ridere. Amo il rischio, ed � questo ciò che mi eccita", si sentì rispondere il clown, un dì.
Ma il suo amore, cieco, continuava a tormentarlo.
Il cuore si fece più leggero quando ella scese in basso, a raccogliere gli applausi del pubblico.
Era giunto il turno del suo rivale, che fiero e spavaldo, con la camicia aperta sul petto villoso, ammiccò alle concitate signore, che non badavano più ai loro figli.
Con disprezzo guardò il clown, che immerso nei suoi pensieri, aveva solo lei in mente.
I colpi dei coltelli vibravano sulla tavola di legno con forza.
Ad ogni colpo, il cuore del clown si spezzettava e si rimpiccioliva.
La ragazza schivava i colpi sorridendo.
Il lanciatore si bendò per passare alla fase più complicata del suo numero: lanciare le lame affilate ad occhi chiusi.
Il primo colpo, poi il secondo, il terzo, il quarto, fino a giungere al settimo.
Il settimo colpo però fu fatale. La superbia aveva colpito il lanciatore di coltelli. Così anche il suo fragile essere, sgorgò fuori e si dissanguò come la ragazza che agonizzava con la lama alla gola.
Le urla strazianti di donne e piccini rituonavano nella mente di lui sempre più forti, sempre più opprimenti.
Dov'� è che aveva sbagliato… Dove !
Non riusciva a capacitarsene, così corse via all'impazzata, perdendosi nella fredda città che indifferente proseguiva il suo trantran quotidiano, dove i più deboli periscono sotto il peso della solitudine e dell'egoismo.
Talvolta anche sotto le velocissime auto.
Fu così che l'angoscia in lui si spense e con essa la sua linfa vitale.
Una sfera roteava vicino la tavola di legno, ancor rossa.
La trapezista ruppe il suo specchio, facendo fuoriuscire le lacrime, che da tanto
tempo erano imprigionate.
Ma il circo �è vita e la vita scorre, continua.
Lo spettacolo si trasferà in un'altra città... ma senza il numero dei coltelli e senza il sorriso di un clown triste.

SaDiCa