Il Viaggio del Supereroe è un'antologia di cinque saggi scritti da Bepi Vigna, Massimo Spiga, Daria Pomponio, Enrico Azzano, Sergio Sozzo e Aldo Spiniello.

Enrico Azzano è autore del saggio Cinecomic. Dal rotoscopio alla Filmation, in cui si è occupato soprattutto di animazione. In questa intervista di approfondimento, scopriamo di più su questo progetto.


SDC - Come nasce l'idea di questo saggio?
Enrico Azzano - L'idea è nata al volo, subito, appena Simone Rastelli mi ha proposto di lavorare al volume della Resh Stories.

Spesso sottovalutato, l'universo supereroistico è in realtà fertilissimo, offre un'infinità di spunti, angolazioni, temi da sviscerare e approfondire. Nel mio caso i pezzi si incastravano praticamente da soli: supereroi & animazione, con i fratelli Fleischer e la Filmation come paletti temporali.

O forse dovrei dire con Superman e He-Man come paletti temporali, ma la verità è che Cinecomic – Dal rotoscopio alla Filmation è un saggio che si attacca con le unghie e coi denti al mantello di Superman per poi volteggiare agilmente su un pezzo di storia dell'animazione. Un volo di rondine un po' folle che mi ha permesso di rivedere un numero abnorme di serie, corti e lungometraggi. I supereroi sono un veicolo più che un diretto oggetto di studio.


SDC - Quale aspetto analizzi all'interno di questo volume?
Enrico Azzano - Come dicevo, la vera protagonista è l'animazione e le sue traiettorie estetiche e produttive per mettere in scena i supereroi.

Da un lato, l'idea era anche quella di soppesare la produzione supereroistica fino ai primi anni Ottanta – anche se poi parzialmente mi spingo un po' più in là – per ribadire un concetto che il Marvel Cinematic Universe (MCU) sembra aver raso al suolo: il cinema si è sempre interessato ai supereroi, come la televisione, magari con alterne fortune e non in maniera così ambiziosa e continuativa, e la serialità cinematografica non è patrimonio dell'MCU, già ci provavano negli anni Quaranta e anche prima, quando gli eroi avevano tanto coraggio ma nessun potere – come i serial Flash Gordon (1936), Flash Gordon alla conquista di Marte (1938) e Flash Gordon - Il conquistatore dell'universo (1940).

Un tema inevitabilmente trasversale è il declino e poi la lenta ripresa dell'animazione, quantomeno sul fronte delle produzioni brevi.

In sostanza, si parte da un vertice straordinario (Superman dei Fleischer), quando i cortometraggi animati erano destinati al grande schermo e puntavano tutto sulla qualità grafica e narrativa, per poi ritrovarsi nel giro di pochi anni nel caos magmatico delle produzioni televisive, spesso tirate via, realizzate in fretta, con budget risicati e da case di produzione traballanti, nate da poco, magari ricche di idee ma non di quattrini.

Insomma, da un'animazione tradizionale di alta qualità alla limited animation, senza però dimenticare la creatività, le trovate produttive e i non pochi pregi delle produzioni televisive, dai personaggi creati da Alex Toth per Hanna-Barbera agli stratagemmi della Filmation, fino al genio di Ralph Bakshi che è riuscito a dare un senso persino a Supertopo...


SDC - Come è cambiata la narrazione cinematografica nel corso degli anni, dal primo cinecomics ad oggi?
Enrico Azzano - La risposta vale, più o meno, per tutto l'arco produttivo legato ai supereroi, dai soliti Fleischer e dal coevo serial in carne e ossa Adventures of Captain Marvel (1941) al colossale Marvel Cinematic Universe.

La narrazione supereroistica è in buona parte legata all'evoluzione tecnica, alle possibilità coreografiche e spettacolari: per semplificare, pensiamo alle possibilità limitatissime dei Superman incarnati da Kirk Alyn e George Reeves, che al massimo potevano gonfiare il petto e dare due calci a una porta, e alle spericolate acrobazie di Occhio di Falco nella serie Hawkeye (che prende in prestito dal grande schermo qualche flashback troppo costoso per una produzione televisiva).

Sono due mondi distantissimi.

Ovviamente intervengono nel tempo altri fattori, alcuni squisitamente generazionali: i produttori, registi e sceneggiatori di oggi sono nati e cresciuti tra fumetti e supereroi, hanno un altro approccio rispetto al passato, il loro sguardo non è offuscato dal solito pregiudizio fumetti\bambini e via discorrendo.

E poi i soldi, la Marvel, la Disney, l'idea e la necessità di investire budget mastodontici e di farli fruttare, mettendoli in quella sorta di banca che è l'MCU, con tutti i suoi limiti, difetti, ma anche pregi.

L'universo supereroistico oramai si rivolge potenzialmente a tutti, lettori, spettatori, bambini, adulti, da Occidente a Oriente: servono prodotti ad ampio raggio, facili e spettacolari (prendiamo il recente e molto inclusivo Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli), ma anche riletture, declinazioni impegnate, autoriali, da Nolan al tanto discusso Joker, al The Batman che verrà.

Alla fine, privo di confini, l'universo supereroistico offre a tutti uno spazio, dalle parodie politiche sbilenche e spassose come Evviva la libertà di William Klein alla grandeur di Avengers: Infinity War & Avengers: Endgame.


SDC - Chi è per te la figura del supereroe? Quale caratteristiche deve possedere per essere definito tale?

Enrico Azzano - Il supereroe non dovrebbe poter sfuggire al motto dell'Uomo Ragno «da un grande potere derivano grandi responsabilità».

Per prima cosa, altrimenti parliamo di eroi senza super, servono i grandi poteri.

Per me, ma siamo davvero in una sfera squisitamente personale, i grandi poteri hanno un plus valore se sono in qualche modo conquistati, se hanno un peso, se comportano un prezzo, anche doloroso.

Per me (sottolineo, per me) Hulk e Wolverine sono supereroi molto più valorosi e amabili di Superman e di tutte le successive variazioni delle divinità greche et similia.

In questo senso, sono molto marveliano. Il supereroe senza dolore e sacrificio e senza una quadratura morale mi è sembrato da sempre destinato alle derive mooriane o, per stare in tempi recenti, al contraltare nerissimo di The Boys e Invincible.

Poi io sono molto legato all'immaginario nipponico, allo spirito tragico di supereroi come Kyashan e Tekkaman, quindi con le mutazioni, il dramma e la solitudine dell'eroe vado a nozze.


SDC - Qual è il tuo film preferito dei supereroi? E quello riuscito meglio?
Enrico Azzano - A questa domanda non sono proprio in grado di rispondere.

Per motivi evidentemente diversi, amo la trilogia di Nolan ma anche I Guardiani della Galassia I e II, Watchmen e il primo Kick-Ass, Logan e Avengers: Infinity War (meno, molto meno Endgame), ma anche The Suicide Squad - Missione suicida e Shazam...

Forse, costretto a sceglierne uno solo, tra amore e giudizio critico, sposterei lo sguardo un po' più in là e mi terrei strettissimo Unbreakable - Il predestinato di M. Night Shyamalan, che è un film-saggio straordinario, lucidissimo, ricolmo d'amore per i fumetti – che, come direbbe l'Uomo di Vetro, sono opere d'arte.

SDC - Quanto i cinecomics attingono dal fumetto e quanto invece sembrano assumere un'anima propria?
La prospettiva cartaceo-audiovisivo si è via via ribaltata e l'immaginario cartaceo è stato in parte fagocitato dall'immaginario cinematografico e televisivo.

Ma, in fin dei conti, qual è il vero Batman? E il vero Superman?

Il bello dei fumetti, dell'animazione e delle trasposizioni in carne e ossa è che tutto cambia, muta, finisce e poi torna, ondeggiando tra rispetto filologico e plateale tradimento.

È un loop infinito, estetico e narrativo.

In fin dei conti, l'anima propria dei cinecomics è un adattamento fatto bene, coerente con la fonte e col medium di destinazione.

Ad esempio, la trilogia nolaniana pesca a piene mani dalle suggestioni milleriane perché a Nolan interessa chiaramente quella dimensione, quella tonalità, per poi plasmarla e adattarla alla propria poetica.

Potremmo dire più o meno lo stesso di Watchmen, impresa non semplice, e del suo memorabile incipit.

Diventa un po' più complicato quando i supereroi devono muoversi all'interno di un progetto seriale, come l'MCU ma anche i tentativi della DC\Warner: in questo caso l'uniformità narrativa e soprattutto estetica si tramuta troppo spesso in appiattimento – penso soprattutto a Doctor Strange, che della ricchezza abbacinante delle tavole ha davvero poco se non niente, alla sterzata comica post-Guardiani, che però riesce bene solo a Gunn, alla parabola di Hulk e via discorrendo.

In questo caso è più difficile parlare di anima propria, l'uniformità sembra più che altro rinuncia, un freno a mano tirato che finisce per danneggiare il fumetto, il film, gli spettatori.


SDC - Come saranno i cinecomics del futuro?
Enrico Azzano - Al di là della pianificazione della Marvel\Disney e dei relativi e condivisibili timori per uno stallo creativo dei blockbuster, guarderei con un filo di ottimismo alla sperimentazione delle serie targate Disney+ (WandaVision, Loki, Hawkeye...), che stanno cercando di variare temi, generi, estetica.

Le mini-serie, magari in un crescendo qualitativo\produttivo, potrebbero essere la strada maestra per ingolfare meno il grande schermo, mantenere vivo l'interesse degli spettatori, e provare a cambiare un po' le cose – in questo senso, evviva l'ottimo Spider-Man: Into the Spider-Verse.

Credo che l'industria cinematografica dovrebbe tornare al film di supereroi come evento, quindi a una produzione numericamente inferiore ma qualitativamente elevata, possibilmente affiancata da altre tipologie di blockbuster (e non solo saghe).

Però vedremo come si muoveranno DC\Warner e Marvel\Disney e quale sarà la risposta del pubblico nei prossimi anni. Hollywood ci insegna che, alla lunga, tutti i giocattoli si rompono...


SDC - Stai lavorando a qualche altro progetto di cui vuoi parlarci?
Enrico Azzano - Con la mia solita inguaribile pigrizia sto lavorando a un volumetto su Superman, per restare in tema supereroistico.

In realtà, tra l'altro, non amo lo statuario Kal-El ma trovo sia terreno fertile per una serie di riflessioni ad ampio raggio, più di altri personaggi che mi garbano parecchio ma che non hanno la stessa portata.

Poi, a parte il lavoro di selezione coi festival e l'attività critica, ho altri progetti in ballo, compresi un paio di libri, ma è tutto ancora da definire.

Tra un mesetto dovrei avere le idee più chiare, nel frattempo cercherò di sconfiggere la pigrizia con la kryptonite.



Titolo: Il Viaggio del Supereroe
Costo: 18,00€
Formato 20×22 cm
copertina flessibile, brossurato
156 pagine