Quando penso al fumetto e al suo mondo, mi viene sempre da pensare alla Francia ed ai suoi autori. Ai bellissimi volumi rilegati, alla vivacità delle matite ed al loro stile inconfondibile, tanto che mi viene voglia di prendere e partire alla scoperta di tutto ciò che in Italia talvolta non arriva.


Quando perciò ho appreso quel che è accaduto stamani a Parigi, nella redazione del giornale satirico Charlie Hedbo, pensavo di aver capito male. Uno scherzo, forse. No, non deve essere stato a Parigi. Non è lì che in genere -purtroppo- si verificano gli attentati quasi ogni giorno.

Ed invece non avevo capito male.

Un attacco che non ha davvero senso, contro la libertà di pensiero, di quei pensieri che viaggiano pungenti e veloci, come lo erano quelli dei vignettisti morti quest'oggi nella loro redazione parigina. Un pensiero, o meglio, una matita che si adoperava con il suo tratto a difendere i diritti e a combattere quelle ingiustizie e atrocità di cui si macchiano coloro che piegano con la violenza -o con l'intento tale- coloro che non sottostanno al loro pensiero o ideale.

Non mi capacito del perchè le parole, o le matite in questo caso, facciano così tanta paura a queste figure che non conoscono il dialogo, ma solo la forza e la crudeltà. Una freddezza non dettata di certo da tutte quelle persone che abbracciano l'Islam e la sua vera essenza, che convivono in armonia con altri popoli e credo, ma da qualcosa da noi non comprensibile e umanamente non condivisibile e non accettabile.

Quelle matite che sapevano che il loro tratto non sarebbe piaciuto, ma che al contempo continuavano in ciò che credevano, con il loro stile che li ha sempre contraddistinti e non per questo si sarebbero fermati.

Non è questo il primo caso e forse -purtroppo- non sarà neanche l'ultimo.

Toccare tali argomenti è davvero proibitivo, se non pericoloso, così come lo ha fatto in passato lo scrittore indiano Salman Rushdie, ora naturalizzato cittadino britannico, che vive sotto scorta a causa del suo libro "I versetti satanici", considerato blasfemo nei confronti degli islamici e della figura di Maometto. Fu però ucciso il traduttore giapponese e feriti il traduttore italiano e l'editore norvegese.

Anche il regista Theo Van Gogh fu ucciso nel 2004 a causa del suo cortometraggio Submission, nel quale il regista olandese raccontava la condizione delle donne nella cultura islamica.

Non dimentichiamoci inoltre che nel 2005 le caricature pubblicate sul quotidiano danese Jyllands-Posten e successivamente pubblicate sul giornale norvegese Magazinet scatenarono numerose e violente proteste. Quelle dodici vignette satiriche avevano come protagonista il profeta dell'Islam. Le proteste furono così furenti che forse fu solo per un caso fortuito che non si tramutarono in qualcosa di più tragico.

Lo stesso ministro Calderoli, mostrando una t-shirt nel 2006 raffigurante una delle vignette incriminate durante una intervista, fu costretto a dimettersi quando scoppiarono altri tumulti al consolato italiano di Bengasi, in Libia.

Nel 2012 un'altra protesta si accese a causa del film Innocence of Muslim, che portò all'uccisione di quattro funzionari americani, tra cui l'ambasciatore Christopher Stevens, a seguito di un assalto all'ambasciata americana a Bengasi.

Ed oggi la Francia, a Parigi, dove sono morte 12 persone e vi sono 4 feriti, in un paese sotto shock per l'accaduto. Forse, nonostante le avvisaglie e gli allarmi, non credevano neanche loro che sarebbe andata a finire così.

Ma non è spezzando le matite e nè spezzando le penne che fermerete il pensiero altrui.

#JeSuisCharlie